Al momento della nascita si crea una traccia nella coscienza. La sofferenza dei bisogni, come il nutrimento, l’essere lavato, l’essere accudito, avviene attraverso il piacere della soddisfazione di questi bisogni primari. Percezione che dura nel tempo. Quindi si radica, inconsapevolmente, un collegamento: fine della sofferenza con il piacere.
Quando questa illusoria consapevolezza si affaccia quando i bisogni primari sono risolti, si possono creare rifugi, per rimuovere la sofferenza insita nell’esistenza umana, modalità semplici e immediate, che quindi si usano. Il piacere è la panacea. Quali sono i rifugi? Fumo, alcool, televisione, droghe, sesso, denaro, successo, aspetto esteriore e quant’altro. Richiedono un loro uso sempre più ripetuto. Mezzi che non rimuovo la sofferenza, che confondono la mente, che creano senso di vuoto, che non portano verso un vivere in uno stato perlomeno di quiete interiore. Si mette la sofferenza sotto il tappeto, ma lei riappare.
Si tratta di ignoranza estesa, mai messa in discussione. Ignoranza nel senso che si ignora la realtà della vita, il senso della vita, che implica un impegno di tipo diverso. I rifugi sono modi illusori che impediscono la conoscenza dei nostri preziosi mezzi: intuito, intento, uso corretto della mente e tanto altro.
Tutto per evitare la ricerca più importante dell’esistenza, scoprire chi si è veramente.
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